New York Marathon 2012

Francesco Secci - Giovedì 10 Novembre 2011 15:44


This is my dream....E' il 6 novembre e dopo tanti mesi d'attesa è ormai tutto pronto per correre la maratona che ho sempre sognato e che vive nell'immaginario di ogni runner's: la maratona di New York. La sveglia suona inesorabile per tutti alle 4:15 del mattino. Alle Cinque ci muoviamo con i pullman verso la stazione marittima. La città ancora dorme ma migliaia di runner's provenienti da tutto il mondo si muovono all'unisono. Attraversiamo la baia di Hudson in direzione Staten Island, alla nostra destra la statua della libertà. Inizia ad albeggiare e i primi raggi di sole scaldano la grande mela. Un altro cambio, lasciamo il traghetto per un pullman che ci porta nei pressi della partenza. Si apre ai miei occhi un'immagine fuori dal comune, un'enorme campeggio di atleti. Alcuni riposano nei prati, altri mangiano, il colpo d'occhio è eccezionale! Consegno la borsa e cerco l'ingresso per la mia "onda". Eccola! Ci sarà ancora da attendere, la mia partenza è prevista per le 09:40. Mi sento teso per la gara, felice per la situazione ma di sicuro non riposato, infatti non mi sono ancora abituato al fuso orario e per tutta la durata del soggiorno non dormirò mai per più di quattro ore al giorno. Ci siamo, il sindaco Bloomberg saluta i runner's, inizio a spogliarmi e a buttare la roba, come me altri atleti, tant'è che il terreno è cosparso di abiti ovunque. Presentazione dei top che vengono fatti passare fra la folla in delirio. Inno nazionale e poi il colpo di cannone. Soltanto a scrivere mi tornano i brividi! Subito una salita quella del ponte di Verrazzano. Tutti per l'emozione spingono tantissimo. I top fanno impressione viaggiano subito intorno ai 3 minuti a km. Cerco di rimanere freddo e non forzare. E' difficilissimo! Attraverso il ponte e poi giù, ancora 500 metri e svolto a sinistra. Non ci credo! Ad attenderci una folla incredibile, un boato assordante accompagna il nostro passaggio. Il nome riportato sulla maglia viene gridato ad alta voce dal pubblico. Che emozione! Tutti ti chiedono il cinque, vivi la sensazione di un atleta professionista pur essendo un amatore. Andare piano è veramente un'impresa. Mi accorgo che il passo è troppo rapido, sto girando a 4.20. Cerco di abbassare il ritmo a 4.30,4.40 cerco di seguire questo passo. Intorno a me una bolgia. Un frastuono assordante e un colpo d'occhio inimmaginabile. Vedo migliaia di runner's che mi anticipano e migliaia che mi seguono. Il percorso è terribile. Una salita dopo l'altra e spesso si corre in falso piano. Transito alla mezza maratona secondo i piani in 1.40.28. Ai rifornimenti decido di fermarmi pochi secondi per bere e ripartire. Mentre corro penso ai compagni che purtroppo non vivono con me questa sensazione, al sogno realizzato. Al mio cospetto ancora una salita quella del Quinsboro, lunga e terribile. Raffiche di vento attraversano il ponte che per motivi di sicurezza è senza pubblico. Il tempo è scandito dai passi dei runner's. Sento le gambe dure, improvvisamente si sono irrigidite! Brutta sensazione. I battiti sono ok ma purtroppo non riesco a spingere. Vengo attraversato da un senso di sconforto che purtroppo non mi abbandonerà neppure quando ad attenderci alla fine del ponte troveremo un pubblico pazzesco. La mia mente ripercorre tutti gli sforzi fatti per arrivare fin qui. Gli allenamenti dopo il lavoro sempre in solitario, i lunghi la domenica mattina. Purtroppo non riesco più a correre con scioltezza. La falcata è imballata. Il tempo scorre inesorabile. Il Garmin che per mesi è stato un fedele compagno si rivela un tormento perchè scandisce secondo dopo secondo un tempo che non vorremmo vedere. Il ritmo è sceso a 5 minuti al km. La maratona però prima di tutto è una gara di testa e io adoro le sfide! Non controllo più l'orologio e proseguo tra ali di folla. Eccomi sono al Bronx! La musica di Rocky ci accompagna per tutto il passaggio. Il pubblico continua ad incitarmi tantissimo. Go Francesco Go. Vedo il Central Pak. Sono gli ultimi sforzi. Gli ultimi 8 km. Il passaggio sulla 5th Avenue, poi per non farci mancare nulla, ancora in salita. Vengo raggiunto da Renato Daga e Carlo Alberto Melis. Si pensa ad un arrivo insieme ma non riesco a seguire il ritmo e pian pian li vedo allontanarsi se pur di pochi metri che in una situazione normale avrei recuperato in un lampo. Ma non adesso, non qui. Entro al Central Park. Che gioia, che soddisfazione, che sofferenza. Il pubblico è pazzesco. Incredibile la presenza degli italiani lungo il percorso. Accenno a fermarmi e la folla grida: don't stop Francesco, don't stop! Come deluderli. Stringo i denti. Vedo il traguardo. Che sensazione. Un enorme scarica di adrenalina attraversa il mio corpo che non ha più nulla da dare. La sensazione di dolore e angoscia che mi aveva accompagnato per diversi km e ora sostituita da immensa felicità e il mio viso umido per il sudore e ora attraversato da lacrime di felicità. Tanta la soddisfazione per aver transitato al traguardo con i quattro mori stampati sulla canotta. Un ringraziamento particolare a mia moglie che ha avuto la pazienza di sopportare al suo fianco un marito affetto da "sindrome da maratona" che si è dedicato principalmente alla preparazione della corsa dimenticandosi di essere sposato. Per la cronaca vince la maratona Geoffrey Mutay con un tempo di 2h 05 ma questa è un'altra storia ... This is my dream...

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